08 settembre 2025
Customer experience manager: cosa fa, stipendio, responsabilità e competenze
In un mercato sempre più competitivo, la customer experience è diventata uno dei
...L'1 dicembre si è tenuta un’interessantissima Open Lesson sul ruolo dello styling nell’immagine e nel successo di un brand. A parlarne è stata Anna Dello Russo, Direttrice Creativa di Vogue Giappone e icona del mondo della Moda, intervistata da Mariella Milani.
Nel corso dell'incontro è emerso come il mondo della moda sia in continuo divenire, così come le figure che ne fanno parte: lo Stylist degli anni ’90 era ad esempio una figura professionale cruciale che aveva un forte legame col mondo editoriale e preparava i servizi di moda scegliendo vestiti, accessori e scenografie. In altre parole illustrava le tendenze creando un preciso immaginario attraverso un editing preciso, in linea sia con il progetto che con lo stile del fotografo. Queste “storie di Moda” venivano poi pubblicate secondo l’impostazione dei singoli direttori e delle relative testate: ogni rivista di moda mostrava così una visione diversa dello stesso tema. Molti pensano che STYLIST sia sinonimo di STILISTA, ma nella pratica è un lavoro molto diverso: uno stylist non crea gli abiti ma li mette assieme per presentarli a pubblico e potenziali clienti.
Diversamente i designer sono coloro che posseggono un brand e che al tempo utilizzavano gli stylist per costruire il catwalk e la campagna pubblicitaria. Allora l’unica cosa che doveva emergere era il BRAND, mentre il team dietro il progetto creativo non veniva messo in luce: c’era un grande rispetto gerarchico dei ruoli, e lo stylist era una figura in ombra secondo un’oligarchia centrata sulla figura dello stilista. Inoltre le sfilate non erano i grandi show off che conosciamo oggi, ma al contrario erano eventi molto ristretti e con poche file di invitati: negli anni ‘90 non esistevano ancora i social media per cui c’era un grande divario tra la realtà e la carta stampata. Per questo la collezione nasceva dal concept della sfilata, estrapolando quelli che sarebbero stati i temi da seguire con Stylist e designer: il concetto doveva essere profondo, la comunicazione semplice e leggera.
Virgil Abloh ha poi rinnovato totalmente la figura del designer. Il fondatore di Off-White nonché direttore artistico di Louis Vuitton, aveva origini lontane dall’universo moda, laureato in ingegneria, un master in architettura e la passione per la musica. Una personalità gentile, calma, disponibile e al contempo geniale e visionaria. Attraverso la grafica Virgil porta la comunicazione del prodotto ad un altro livello: la grande empatia con la new generation, data anche dalle notti in consolle, lo rendeva capace di capirne i desideri e i comportamenti. Ha fatto così entrare i temi di sostenibilità e innovazione nelle case di moda, insieme a quello della diversità (le runway di Vuitton infatti erano internazionali). La capacità di mettere in scena mondi diversi con la stessa cifra stilistica era uno dei suoi più grandi meriti.
Altro esempio dei nuovi tempi è Alessandro Michele, di Gucci, una personalità dal background ricco di storia, ma in grado di arrivare ai giovani in modo molto diretto. In Italia è stato il primo a parlare di genderless, abbattendo l’istituzionalità dei confini tra uomo e donna: un’innovazione incredibile per una casa di moda italiana. I suoi riferimenti al passato non diventano mai nostalgia ma REFERENCE attraverso una fluidità e una capacità di
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