30 luglio 2024

Storie di successo: dal Master a Tax Director con Gianpiero Notarangelo

Scopri la storia professionale di un ex studente della nostra scuola. Ecco come il master ha influito sul suo iter professionale.

Gianpiero Notarangelo, nato a San Giovani Rotondo (FG) nel 1987, ci racconta il suo percorso come consulente fiscale, dopo la formazione in 24ORE Business School.

Gianpiero, di cosa ti occupi oggi e qual è il tuo percorso professionale?

Dopo anni di intensa gavetta, oggi posso attribuirmi la velleità di considerami a tutti gli effetti un consulente fiscale. Esattamente da 15 anni assisto le imprese ad affrontare gli imprescindibili accadimenti fiscali che caratterizzano la quotidianità aziendale, nonché gli imprenditori nella pianificazione e tutela del proprio patrimonio.

In particolare, l’esperienza maturata a supporto di pmi e gruppi multinazionali ha consentito una specializzazione trasversale in ambito tributario, sia ai fini delle imposte dirette che indirette in ambito domestico ed internazionale.

Oggi ricopro il ruolo di tax director all’interno di CTL Advisory, una realtà che, oltre a permettermi di continuare ad accrescere e consolidare le mie competenze tecniche, mi offre l’opportunità di aiutare giovani professionisti ad orientarsi durante l’iniziale percorso di apprendimento professionale.

Raccontaci come il Master Tributario conseguito in 24ORE Business School ha contribuito alla tua formazione.

Il Master Tributario ha contribuito in modo cruciale alla mia formazione; senza di esso, oggi, avrei, quasi certamente, un altro percorso professionale. Tale esperienza offre la possibilità di avere una prematura contezza della materia; a me piace identificarla come protocollo del tributarista: le nozioni e le esperienze acquisite durante il periodo formativo del Master mi hanno permesso di accelerare il download del bagaglio di conoscenze e metodologico, rispetto al canonico percorso professionale, riuscendo, per l’appunto, prematuramente ad identificare il protocollo del tributarista.

Qual è stata la forza del Master?

Sarebbe insufficiente sostenere che la forza del Master sia la sola rilevanza formativa intesa come apprendimento di nozioni e conoscenza tecnica. Personalmente, ritengo che il Master, come ogni esperienza di vita, ti dia l’opportunità di conoscere persone. Confrontarsi ogni giorno con persone che, pur avendo le tue medesime ambizioni, provengono da background accademici e lavorativi differenti rappresenta un valore aggiunto, inoltre, la presenza di docenti che ricoprono il ruolo di consulenti in primari studi professionale offre l’opportunità di conoscere tutte le dimensioni e i modelli dell’attività del professionista, dalle big four ai cosiddetti studio boutique.

Perché e a chi consiglieresti questo percorso?

Consiglierei il Master a tutti coloro che credono nella centralità sociale del consulente. Oggi, l’invasività dell’intelligenza artificiale ha sconvolto l’esecutività di qualsiasi attività lavorativa, e, di conseguenza, i rapporti personali e professionali. Fortunatamente l’essere trustee è ancora una qualità ad appannaggio dei consulenti, che hanno la responsabilità di accompagnare l’imprenditore, braccio a braccio (senza barriere virtuali), ad affrontare le nuove sfide del futuro: internazionalizzazione, sostenibilità, digitalizzazione, innovazione, ecc..

Il consulente ha un ruolo quasi profetico: non può focalizzarsi solo sugli adempimenti correnti o sull’osservanza di formalità ma deve condividere con l’imprenditore ogni sfida ed indirizzarlo nelle scelte future fornendo tutte le soluzioni tecniche del caso e cogliendo le opportunità contingenti. Sostengo, da tempo, che la conoscenza tecnica può oramai considerarsi una commodity a causa dell’AI. Il Master, invece, è quella discriminante che consente di accelerare, da un lato, l’acquisizione delle nozioni ma ti dà la chance di attingere, sin da subito, dal bagaglio esperienziale dei singoli docenti cosa sia il ruolo del consulente.

Cos’è per te il successo? Di quali ingredienti si compone dal tuo punto vista?

Difficilmente riesco a targare, da un punto di vista personale, il successo, anche perché il successo è un’accezione volatile poiché muta nel corso del tempo in base alle circostanze e alla maturità anagrafica. Forse il successo, nell’ambito lavorativo, è riuscire, a prescindere dai titoli (o job description) acquisiti, a costruirsi una propria personalità professionale, non essere solo ciò che si fa ma non dimenticarsi che ciò che facciamo lo eseguiamo all’interno di costanti interazioni personali, anche a lavoro.

Ritieni di aver raggiunto il successo?

Se attribuiamo al successo la definizione di aver maturato una propria personalità professionale, ritengo di essere sulla buona strada.

Ci sono degli errori grazie ai quali sei diventato la professionista di oggi?

Il diritto tributario è famoso per essere un mondo insidioso e altamente esigente, inteso come necessità di attenzione al dettaglio, e, si sa, il diavolo è nel dettaglio. Di errori ne ho commessi tanti – e ne commetterò – ma grazie all’esperienza e ai vari mentori si impara anche a costruirsi un risk assessment personale, perché con il tempo non puoi diventare un professionista perfetto però puoi imparare a dotarti di strumenti, metodologie e protocolli in grado di intercettare gli errori e mitigarli. Ciò mi ha aiutato, crescendo, a lavorare senza la paura di sbagliare.

Nel tuo percorso professionale e umano c’è o c’è stata una persona o un personaggio fonte d’ispirazione? Insomma, chi è il tuo modello di successo?

Ribadisco che il ruolo del professionista si sovrappone con l’essere prima di tutto una persona, di conseguenza non si possono separare le due dimensioni, per tale motivo è impossibile prendere come riferimento qualcuno cercando di emularlo. A onor del vero, ciò che ho cercato di catturare e fare mio dai miei mentori è il come essere professionista più che cosa deve sapere il professionista. Mi permetto una battuta: per l’ultima skill c’è oramai ChatGPT.

Condividi con noi il tuo sogno lavorativo?

Sogno e lavoro, forse, sono ossimoro, ho sempre considerato il lavoro solo come funzionale a perseguire dei sogni. Però ho una costante premura: desidero di riuscire, durante la mia vita professionale, a valorizzare e aiutare i più giovani a esercitare la professione in modo emancipante, in un contesto dove si tende sempre più alla standardizzazione, professione inclusa.


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