27 novembre 2025
Storie di successo: dal master a General Manager con Giovanni Lai
Giovanni Lai , romano, classe 1972, ex studente di 24ORE Business School, ci racconta il suo
...Giovanni Lai, romano, classe 1972, ex studente di 24ORE Business School, ci racconta il suo percorso professionale, che più che una carriera lineare è stato un viaggio fatto di curiosità, iniziativa e visione a lungo termine. Dall’esperienza familiare nel mondo agricolo e culinario alle posizioni dirigenziali nelle aziende del gruppo Caviro, Giovanni condivide come semplicità, passione e voglia di mettersi in gioco lo abbiano guidato fino ai ruoli di General Manager in Cesari e Leonardo da Vinci Wines.
Oggi mi occupo della gestione di due aziende vinicole: sono direttore generale di Cesari in Valpolicella e di Leonardo Da Vinci in Chianti, oltre a queste due aziende ho la direzione generale anche della dalleVigne, società di distribuzione che opera in Italia e commercializza vino del gruppo e vini italiani e provenienti da tutto il mondo. Il mio percorso in realtà è iniziato molto presto, grazie ai miei genitori che avevano un ristorante. Da lì sono passato a gestire un wine bar e un cocktail bar: è stato in quel periodo che è nata la mia vera passione per il vino.
Per dare basi solide alle mie competenze ho studiato enologia, viticoltura e tecnologie alimentari, ma non mi sono mai fermato alla teoria. La curiosità e la voglia di crescere mi hanno portato a vivere esperienze molto diverse: dalla mia prima opportunità negli Stati Uniti, dove ho iniziato a formarmi sul lato commerciale e marketing, fino al lavoro in grandi gruppi che mi hanno permesso di rafforzare competenze in comunicazione, distribuzione e finance.
Parallelamente ho sempre investito nella formazione: corsi da sommelier, master di project management, comunicazione digitale, insomma, sono uno studente incallito! Alla fine, sentivo che mi mancava un tassello per completare il mio profilo trasversale: l’EMBA. Frequentare il percorso di 24ORE Business School è stata un’esperienza che ha fatto davvero la differenza, perché mi ha permesso di consolidare competenze già acquisite, svilupparne di nuove e avere una visione più completa, che oggi metto in pratica ogni giorno nel mio lavoro.
L’Executive Master in Business Administration di 24ORE Business School è stato per me un passaggio fondamentale. Ho sempre studiato tanto, sono curioso di natura e ho spesso fatto formazione anche in autonomia, ma a un certo punto ho sentito il bisogno di dare più struttura al mio profilo. Il Master mi ha permesso proprio questo: consolidare le competenze maturate sul campo – dalla gestione aziendale al marketing e alla comunicazione – e allo stesso tempo colmare alcune lacune, in particolare nell’area finance e amministrativa, che conoscevo solo in superficie.
È stato quindi non solo un percorso formativo, ma anche un acceleratore: oggi mi consente di leggere i contesti con più chiarezza e di affrontare decisioni e strategie complesse con basi più solide.
Un valore enorme, poi, è arrivato dal confronto con docenti e colleghi. Il nostro EMBA è coinciso con l’inizio della pandemia: nonostante le difficoltà, la scuola è stata rapidissima nel passare dall’aula all’online con grande organizzazione, e questo ci ha permesso di avere comunque docenti di altissimo livello, molto disponibili e capaci di portare esempi concreti dalle aziende. Inoltre, il confronto con compagni provenienti da settori diversi è stato straordinario: mi ha aiutato a vedere come altri business affrontavano problemi complessi, e questo scambio è stato uno degli aspetti più stimolanti.
Ecco perché considero l’EMBA non come un titolo, ma come un vero salto di qualità nel mio percorso professionale: mi ha dato nuove competenze, un approccio più trasversale e una rete di relazioni che continuo a valorizzare ancora oggi.
La forza dell’Executive Master in Business Administration di 24ORE Business School è stata senza dubbio il confronto con i docenti di altissimo livello. Le lezioni non erano solo teoria: si passava subito agli esempi pratici, e questo in un contesto arricchito dalla presenza di colleghi provenienti da settori diversi. Il risultato è stato uno scambio continuo di esperienze e approcci, con un entusiasmo che rendeva le ore in aula – prima fisica, poi virtuale, poi di nuovo in presenza – davvero poche perché passavano velocemente.
Un altro elemento che considero straordinario è stata la flessibilità della scuola: durante la pandemia si è riorganizzata velocemente, senza abbassare la qualità della didattica. Anzi, proprio quel passaggio ci ha dimostrato concretamente come una difficoltà possa trasformarsi in un’occasione di crescita.
In sintesi, direi che la vera forza del Master è stata la capacità di creare un contesto stimolante, concreto e trasversale: un ambiente che ti spinge a crescere non solo come professionista, ma anche come persona.
Consiglierei l’Executive MBA di 24ORE Business School a chi sente davvero il bisogno di fare un salto di qualità nel proprio percorso: per crescere professionalmente, ma anche per acquisire una visione più ampia e strutturata del business.
È un percorso pensato per chi ha già esperienza sul campo e vuole consolidarla e completarla: manager, imprenditori o professionisti che, come me, hanno costruito molte competenze in modo pratico e poi sentono l’esigenza di metterle in ordine, approfondirle e integrarle con nuove prospettive, grazie anche al supporto di docenti esperti.
Lo consiglierei anche a chi ha voglia di mettersi davvero in gioco: l’EMBA non è un master passivo, richiede partecipazione, curiosità e disponibilità al confronto con settori diversi. È proprio da questo scambio continuo che nasce il suo grande valore.
C’è però un aspetto che tengo a sottolineare: oggi un EMBA non è per sempre. Con l’evoluzione rapida del business a livello globale, credo che un’esperienza di questo tipo dovrebbe essere ripetuta ogni 5-10 anni, perché solo momenti di confronto e approfondimento così intensi ti permettono di restare aggiornato e competitivo.
Per me il successo non è un traguardo, ma un percorso. È la capacità di crescere passo dopo passo, affrontando le sfide che il business e la vita ti pongono, con curiosità e con la voglia costante di imparare. Nessuno ha in mano la verità assoluta: ognuno porta con sé la propria cassetta degli attrezzi, fatta di competenze ed esperienze, e la mette a disposizione delle aziende che si affida a guidare.
Se penso agli ingredienti, per me tutto parte dalla passione. Senza quella, diventa tutto più faticoso. Poi c’è la perseveranza: i risultati non arrivano dall’oggi al domani, ma con metodo e costanza, proprio come nello sport, dove l’allenamento quotidiano porta al salto di qualità. Un altro ingrediente fondamentale è la pazienza. Nel mondo del vino lo vedo chiaramente: ci sono etichette, come l’Amarone, che si offrono solo dopo dieci anni di attesa in cantina. Il tempo dà profondità, e lo stesso vale per i progetti e per le persone. Infine, non si può non citare la fortuna. Da sola non basta, ma quando arriva bisogna saperla cogliere. In sintesi, il successo è un equilibrio: passione, perseveranza, pazienza e la capacità di non smettere mai di studiare e migliorarsi. È un cammino continuo, fatto di crescita e di adattamento
Non credo di aver raggiunto il successo, perché per me non è una meta fissa ma un percorso in continuo movimento. Ho avuto la fortuna di raggiungere tanti traguardi importanti, così come ho vissuto insuccessi dai quali ho imparato moltissimo. Ogni risultato lo considero una tappa preziosa, non un punto d’arrivo.
Di errori ne ho commessi tanti, e dico con convinzione che sono stati fondamentali per diventare il professionista che sono oggi. Per me l’errore è sempre una possibilità di crescita. Anche in un team non serve cercare il colpevole: è più utile capire cosa l’ha generato e trovare la soluzione perché non si ripeta.
Per come sono fatto, tendo a soffermarmi più sugli errori che sui successi. Non parlo solo di scelte sbagliate, ma anche di approcci che col tempo ho capito non essere più efficaci. Un esempio? All’inizio della mia carriera, come tanti manager, volevo fare tutto da solo per dimostrare competenza. Poi, con l’esperienza e la formazione, ho imparato che la vera forza di un manager sta nella capacità di costruire una squadra e di valorizzare le persone attraverso la delega.
C’è una frase che ripeto spesso: un grande manager è tale quando l’azienda e i colleghi riescono a lavorare ad altissimo livello anche in sua assenza. Questo significa aver creato le condizioni giuste perché le persone possano esprimere al meglio il proprio valore. E per me questo è stato uno degli insegnamenti più grandi nato proprio dagli errori.
Nel mio percorso ho incontrato molte persone che mi hanno ispirato in modi diversi. Non credo in un unico modello di successo: credo nella credibilità di ciascun manager, che nasce dalla coerenza tra chi sei, le tue competenze e il contesto in cui operi. Non esiste il grande manager in assoluto: esiste quello giusto per quel momento e quella realtà.
I primi veri riferimenti sono stati i miei genitori: con mezzi semplici ma un’enorme abnegazione mi hanno insegnato perseveranza, cultura del lavoro e rispetto dei valori. È da lì che mi viene naturale il modo in cui oggi mi relaziono alle persone e al lavoro.
Nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno aperto prospettive nuove: chi mi ha aiutato a entrare nel mondo del vino con uno sguardo diverso, chi ha creduto in me sin dall’inizio e chi, con la sua visione manageriale, mi ha permesso di fare il primo vero salto qualitativo, soprattutto nell’approccio e nella strategia. Ognuno di questi incontri ha lasciato un segno importante, contribuendo a formare il professionista che sono oggi
Devo molto anche molto agli esempi negativi: mi hanno mostrato, per contrasto, che tipo di manager non voglio essere. Da tutto questo nasce il mio modello personale: competenza, credibilità e apertura al confronto con tutti gli stakeholder. E continuo ad aggiornarlo: sono sempre alla ricerca della versione 10.0, 11.0… insomma, della migliore versione di Giovanni.
Il mio sogno lavorativo non è qualcosa di statico, ma un progetto che cresce ed evolve insieme a me. Se dovessi definirlo, direi che è lasciare un segno concreto nelle aziende che guido: costruire valore duraturo e creare contesti in cui le persone possano crescere insieme, sentendosi parte di qualcosa di importante.
Credo che l’azienda debba essere un luogo dove tutti possano esprimersi al meglio. I numeri contano, certo, ma il vero segno che resta è la capacità di generare cultura, innovazione e opportunità. Questo per me è successo.
Ogni volta che entro in un’azienda non porto mai un modello preconfezionato: cerco di comprenderne l’identità e trovare la chiave giusta per valorizzarla. Perché ogni realtà ha la sua cultura, il suo linguaggio, e il compito di un manager è rispettarli e allo stesso tempo portarli a evolversi.
Il mio sogno, quindi, è continuare a fare questo lavoro con passione, guidando progetti che abbiano un impatto positivo sul settore e sulle persone. E se devo dire qual è il “software” che mi accompagna ogni giorno in questa missione, è senza dubbio l’Executive MBA, che mi ha dato gli strumenti per affrontare sfide sempre più complesse.

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