21 febbraio 2022

Chiedimi Cos'è? con Sonia Giuliodori

Sonia Giuliodori risponde alla rubrica Chiedimi Cos'è? sul tema della Sostenibilità

Che cos’è la sostenibilità?

La parola sostenibilità indica una condizione di sviluppo in grado di “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”. Un concetto che dovrebbe essere posto alla base di ogni azione produttiva, sia essa privata o pubblica. Purtroppo, se guardiamo i modelli di sviluppo economico adottati dalla nostra società, vediamo spesso verificarsi l’esatto contrario, con poca attenzione all'uso di risorse naturali e alla produzione di rifiuti.

Oggi tematiche come qualità dei cibi, salvaguardia dell’ambiente e cambiamento climatico stanno diventando sempre più attuali e la stessa UE, attraverso il Green Deal nella strategia del Farm to Fork, ha cercato di porre le basi per una politica alimentare più sostenibile e che riduca il suo impatto anche sui Paesi terzi attraverso un piano decennale di misure per l’intera filiera, dalla produzione al consumo, passando attraverso la distribuzione. La strada che separa la teoria alla pratica però è ancora molto tortuosa e se non si mettono in atto comportamenti virtuosi, soprattutto da parte di multinazionali e grandi gruppi, rischiamo di allontanarci sempre più da quel concetto così importante che è appunto la sostenibilità.

Cos’è lo spreco alimentare?

Lo spreco alimentare è uno dei grandi nemici della sostenibilità. Come afferma il direttore esecutivo dell’UNEP (Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), Inger Andersen, “[...] se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo più grande emettitore di gas serra”. Se pensiamo alla quantità di cibo che finisce nella spazzatura, circa 1 miliardo di tonnellate all’anno secondo il Food Waste Index, generando inutili costi in termini di risorse, non solo in fase di produzione ma anche di smaltimento, il collegamento è presto fatto. Combattere lo spreco alimentare è quindi uno dei primi passi verso un'economia più sostenibile e virtuosa.

Un esempio concreto di soluzione per ridurre lo spreco alimentare?

Accrescere la nostra consapevolezza sull’impatto che i diversi sistemi di produzione agricola hanno sull’ambiente, avere un approccio più responsabile nei confronti delle risorse impiegate nella produzione dei cibi e compiere scelte di consumo responsabili possono ridurre molto l’impatto sugli sprechi.

Da persona che da tanti anni è attenta alle questioni ecologiche e ha scelto il vegan, ritengo necessario comprare, ad esempio, alimenti che preservano la biodiversità e non contribuiscono eccessivamente al riscaldamento globale ed evitare prodotti provenienti da allevamenti intensivi (compresi quelli in mare). È importante adottare dei menù settimanali variegati che attingono prevalentemente al mondo dei vegetali: aiuterebbe a ridurre il consumo idrico, lo spreco di suolo e le emissioni di gas serra. Le nostre scelte di consumo hanno un impatto non trascurabile e almeno tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena) possiamo influenzare la direzione verso cui ci muoviamo. Se tutti gli italiani eliminassero un solo piatto di carne alla settimana avremmo gli stessi benefici di tre milioni e mezzo di auto in meno sulle strade in un anno (Fonte: MenoPerPiù). Pensate cosa accadrebbe se lo facessimo tutti i giorni, come sostiene il progetto MenoPerPiù rivolto alle mense aziendali.

Quali sono le abitudini buone e cattive di consumo in Italia?

Partiamo da quelle cattive. Secondo i dati del Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione europea, si stima che il 68% dei rifiuti alimentari siano generati dai consumatori finali e il nostro Paese ha purtroppo il primato assoluto sia complessivamente sia a livello medio annuale. Siamo in pratica il Paese più sprecone d’Europa (almeno se si guardano le analisi fatte tra il 2000 e il 2017) e a finire nel cestino della spazzatura sono soprattutto verdura, frutta e cereali. Abitudini sulle quali però è possibile intervenire e, considerando che il 10% delle emissioni di gas a effetto serra sono generati dagli sprechi alimentari, questo cambiamento va fatto al più presto. Consumare acqua e suolo per produrre cibo che poi viene buttato è un assoluto controsenso.

La buona notizia è che il consumo dei prodotti biologici legati al mercato interno è in crescita: segna un +5% rispetto allo scorso anno (confermando il trend registrato nel 2020 con un +20%), secondo i dati Nomisma e Nilsen diffusi dall’Osservatorio SANA. Questa tendenza, al di là dell’impatto che può avere sull’ambiente, secondo un recente studio del CREA dimostra un approccio più responsabile nei confronti del cibo e un aumento della consapevolezza dei consumatori.

Sonia Giuliodori, Direttore Responsabile Funny Vegan presso FunnyVeg è relatore in un ciclo di Open Lesson sulla Sostenibilità organizzato da 24ORE Business School.



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