16 gennaio 2025
Storie di successo: dal Master a esperto di sicurezza informatica con Gian Luca Manzi
In questa intervista, conosciamo Gian Luca Manzi , classe 1969, di Biella, ingegnere
...L'arte urbana è entrata in classe. Dall'insolito incontro tra il principe della tape art (la tecnica del nastro) e la classe di aspiranti manager dell'arte è nata un'opera creata appositamente per la sede milanese di 24ORE Business School.
Giorgio, in arte NO CURVES, ci racconti come nasce una tua opera, dall’idea alla realizzazione?
Un’opera nasce sempre come un lampo e un’intuizione improvvisa: da una parola, uno sguardo su un manifesto in strada o un piccolo disegno sulla prima superficie a disposizione; la creazione è un automatismo che però per il suo sviluppo richiede concentrazione e analisi. Spesso le fasi di ideazione e la realizzazione sono molto veloci, ma è la parte centrale/intermedia la più lunga, lenta e importante.
Moltissimo del mio tempo è dedicato alla ricerca successiva all’idea, raccogliendo materiale, ispirazioni e cercando il linguaggio più adatto alla realizzazione dell’opera finale, che da una semplice bozza diventerà un intreccio geometrico con un suo senso visivo e grafico.
Facciamo un passo indietro, ci parli dei tuoi maestri e del ruolo della formazione nel tuo percorso artistico?
Non ho mai avuto una formazione artistica specifica o un maestro. Ma anzi ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita molti grandi artisti, architetti, giornalisti e designer, dei professionisti, che mi hanno insegnato ad avere un pensiero indipendente e a confrontarmi con i miei limiti piuttosto che spingermi verso il loro modo di lavorare; spesso la loro critica asciutta e onesta è stato il primo spunto per indagare sulle mie scelte e capire quale era la direzione da prendere.
In questo devo dire che la formazione è fondamentale quando il tuo “insegnante” è disinteressato a parlare del sé ma pronto e concentrato a fornirti gli strumenti e gli input/ispirazioni che possano diventare la tua base per realizzare il tuo percorso professionale (o di vita). Penso che ognuno di noi dovrebbe diventare il Maestro di se stesso, ma è possibile solo quando gli strumenti per capirsi diventano accessibili.
Per le tue opere, spesso di grandi dimensioni, che ruolo ha il tuo team?
Lavorare in team è sempre più necessario. Al di là delle dimensioni di un’opera, il confronto continuo tra l’artista e chi lavora per lui e con lui è fondamentale; non solo per una aspetto pratico ma anche ideativo e comunicativo. Ogni artista vuole avere il controllo diretto del proprio lavoro e le decisioni finali sulle opere e progetti, ma confrontarsi con le differenti generazioni di cui fanno parte i tuoi collaboratori permette di avere un punto di vista sempre più vasto sul mondo e non fossilizzarsi esclusivamente sulla propria visione, che con il tempo potrebbe perdere freschezza e diventare ripetitiva ed egotica.
Nella tua visione, l’arte è (anche) strumento di comunicazione. Qual è il rapporto tra committente e artista?
Dipende dal tipo di committenza, ad oggi il ruolo dell’artista non è più così definito come poteva essere negli anni passati soprattutto in un ambito specifico come quello dell’arte contemporanea.
Nella classe di 24ORE Business School gli studenti si sono messi nei panni dell’artista.
Il punto fondamentale è stato il tempo. Spesso quando si deve lavorare su commissioni o progetti last minute, il tempo è quello che manca. Si dice spesso che il tempo è tiranno, ma i veri tiranni siamo noi che non riusciamo ad utilizzarlo con criterio, pensando di averlo sempre a disposizione e che ne disposiamo di infinito; quindi la prima cosa è stata metterli sotto pressione in modo tale da pensare all’essenziale e non al superfluo.
Ci sono state delle criticità nel lavoro con una classe di aspiranti manager dell’arte? Quanto è stato facile o difficile per loro mettersi nei panni dell’artista?
Tralasciando ovviamente le problematiche pratiche e comunicative nel doversi confrontare con lo strumento del nastro adesivo e la tape art che mi contraddistinguono, posso dire che il background culturale e accademico che ho trovato nella classe, non direttamente collegato al mondo dell’arte (che poteva inizialmente sembrare un limite), è stato in realtà un punto a loro favore. Questo perché ha permesso loro di approcciarsi al progetto in maniera curiosa e senza limiti imposti, con un punto di vista nuovo e fresco anche verso loro stessi.
Qual è stata la parte più stimolante di questa esperienza?
Senza ombra di dubbio vedere il risultato finale del progetto attraverso i loro occhi. Si leggeva la sorpresa e la soddisfazione di essere riusciti a portare a termine in maniera eccellente qualcosa per cui non erano preparati e di cui non avevano inizialmente gli strumenti.
Citando sopra, l’importanza di sorprendersi sempre.
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di Maria Teresa Melodia, Head of social e giornalista professionista
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