19 settembre 2024
Restare per crescere: ecco perché la formazione è un antidoto alla fuga dei cervelli
Il fenomeno della fuga dei cervelli ( human capital flight ) è una sfida complessa che ...
Egidio Alagia, nato a Magenta (Mi) nel 1984, ci racconta il suo percorso nella comunicazione degli eventi, dopo la formazione in 24ORE Business School.
Oggi sono founder del progetto Divergens, nato da FDO - For Disruptors Only, un ciclo di eventi che ho lanciato nel 2018. Siamo partiti dagli eventi, il nostro vero core business, per arrivare a connettere persone ribelli, innovative, pronte a cambiare idea. Oggi accompagniamo le aziende in tutti quei cambiamenti culturali necessari per rimanere competitive sul mercato.
Il mio percorso è il tradizionale percorso non lineare. Laurea in Management e ingresso nell’azienda di famiglia tra ingegneria naturalistica, manutenzione del verde e agricoltura innovativa. Da lì mi avvicino al mondo della comunicazione e soprattutto a quello degli eventi di networking, al mondo delle pubbliche relazioni, allenato da un’esperienza come Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Alto Milanese nel triennio 2014-17. Apro la partita iva e inizio a lavorare da freelance, fino alla scommessa nel 2020 di entrare in un’agenzia di comunicazione per sviluppare l’area “Eventi”.
Nel 2020 decido di sfruttare il momento di rallentamento forzato dal Covid per formarmi.
La forza del master è stata quella di aver toccato tanti aspetti diversi, fruibili anche da persone che si affacciavano al mondo del digital senza un’esperienza pregressa. Grazie a un fitto scambio con i partecipanti e i docenti e materiale a disposizione che ancora consulto, questo percorso si è rivelato essere la strada giusta per approcciarsi al digital marketing con un taglio integrato. Organizzando eventi, alcuni compagni li ho poi ritrovati nel pubblico, con altri abbiamo provato a fare attività insieme, alcuni docenti sono diventati speaker in alcune serate. Insomma, il rapporto è andato avanti anche dopo la conclusione del master.
Consiglierei questo percorso per un motivo particolare: dopo l’università ho fatto corsi di formazione ma mai uno così lungo e strutturato. Mi sono reso conto di come oggi sia fondamentale non perdere il metodo di studio, rimanere abituato ad approfondire e apprendere. Studiare ti fa rendere conto di come sia fondamentale rimanere sempre aggiornato, è un percorso di continua crescita. Fare un master dopo qualche anno dalla laurea è stato il miglior modo per rendersene conto.
Penso che il successo abbia un significato diverso da persona a persona, e che il suo significato cambi anche all’interno delle varie fasi della vita. Per me significa guardarsi allo specchio la sera sapendo, in cuor tuo, di aver fatto il massimo possibile. Nel lavoro, nella vita privata, nella creazione di valore. Non è un momento, è un processo, è un percorso.
Non sento di aver raggiunto il successo, penso di essere bravo in quello che faccio perché so che ci sono persone più brave di me a fare la stessa cosa. Questo mi porta a cercarle, frequentarle, a non sentirmi mai appagato. Collegandomi alla risposta precedente, non vedo il successo come un momento o un traguardo, ma come un percorso.
Sono il professionista che sono oggi soprattutto grazie agli errori; le vittorie servono perché ti fanno capire che stai andando nella direzione giusta, ma come ha detto Mike Tyson: “tutti hanno un piano finché non prendono un pugno in faccia”, e gli errori sono i “pugni in faccia” che ti rimettono con i piedi a terra, che ti ricordano che la cosa che hai sbagliato, avresti potuto farla diversamente, che la cosa che hai fatto bene, avresti potuto farla meglio.
Forse l’errore che ho fatto più spesso e che continuo a fare è la selezione delle cose da non-fare, le persone da non-frequentare. I sì detti per gentilezza a volte generano problemi, oggi saper scegliere a cosa dire no aiuta a rimanere concentrati sulle cose importanti, ci sono troppe distrazioni.
Arrivo da una famiglia di imprenditori, mio padre e mia madre sono stata fonte di ispirazione ma, soprattutto, mi hanno insegnato l’etica del lavoro, quella che all’università o durante un master non impari. Mi hanno insegnato a rispettare qualsiasi tipo di lavoro, che le scorciatoie non esistono, che tutto parte dai principi e dai valori, che le persone vanno valutate per quello che possono fare, e che vanno messe nei contesti migliori per essere sé stesse e lavorare serenamente, che il lavoro è sempre collettivo, mai individuale.
Il mio sogno lavorativo è creare qualcosa che abbia impatto, e che non venga mai vissuto come qualcosa di mio ma di condiviso. Nel mondo imprenditoriale ci sono alcune dinamiche purtroppo un po’ tossiche, che generano ansia e una costante sensazione di inadeguatezza. E non riguarda solo i più giovani.
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Autore: Maria Teresa Melodia, Head of Digital Content e giornalista professionista
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