01 marzo 2023

Diventa esperto in Management Culturale

Emilio Casalini, Autore e Conduttore di “Generazione Bellezza” RAI Tv e Manager Culturale, ci racconta la sua esperienza.

Scopri cosa significa essere un Manager Culturale e quali sono le skills che un esperto di Management Culturale deve possedere.

Emilio, ti abbiamo conosciuto grazie al libro “Rifondata sulla Bellezza” prima di invitarti ai Master dell'area Arte e Cultura di 24ORE Business School. Ci racconti il tuo modo essere narratore? 

La curiosità è la molla che fa scattare tutto. I nostri passi sono mossi dalla voglia di conoscere altro o altri. Io mi nutro di questo, penso di esserne dipendente. La narrazione - attraverso molteplici forme: fotografia, testo scritto, radio, televisione - nasce da questa voglia di conoscere e poi di raccontare. Io mi vedo come una spugna emozionale che filtra attraverso la sua vita e i suoi occhi, fa entrare dentro di sé sensazioni, percezioni, conoscenze, visioni. E poi costruisce la propria architettura interna privata che si popola attraverso la narrazione di ciò che ho fatto diventare mio. Quello che esce, questa narrazione appunto, è il prodotto di tutto questo viaggio dentro di me. È il mio modo di sorridere alla vita.

Oltre ad essere narratore oggi sei anche Manager Culturale. Tra i diversi progetti che segui c’è il “Museo Diffuso dei 5 Sensi di Sciacca”. Di cosa di tratta? 

È un sogno iniziato nel 2019 insieme a Viviana Rizzuto e a tanti altri compagni di viaggio che hanno creduto in una visione: ossia che si potesse rigenerare un territorio dal grande valore potenziale ma in profonda crisi, e renderlo un attrattore turistico di qualità investendo sul patrimonio identitario, culturale e naturale presente. Questo è il progetto di Sciacca (e si potrebbe sostituire questo nome con “Italia”): coinvolgere il maggior numero possibile di cittadini, dai ceramisti ai corallari, dai B&B ai ristoranti, dalla mugnaia al pasticcere per rendere Sciacca una meta ambita. Preservando la memoria e creando benessere per i giovani che possono scegliere se andare o restare.

Cosa significa per te essere un Manager Culturale?  

Significa avere la visione dell’intero gioco, vedere le connessioni palesi e nascoste delle nostre società, capire che senza turismo la cultura non regge e senza cultura il turismo non vale, scorgere le connessioni tra archeologia, enogastronomia, botanica, paesaggio, architettura, artigianato, agricoltura, musica, salute, ambiente, ben-essere. Significa avere la capacità di connettere linee e creare sviluppo per tutti. Significa avere il coraggio di gestire la complessità. E di farlo dentro al sistema più complesso che esista, la comunità.

Quali sono le skills (hard e soft) che un esperto di Management Culturale non può ignorare? 

Le hard: competenze vaste di diritto, economia, turismo, management, comunicazione, narrazione; conoscenza dei flussi turistici, delle indagini di mercato, delle valutazioni di impatto; aggiornamento costante e continuo delle best practice a livello nazionale e internazionale, degli impatti, delle idee più innovative e delle tecnologie disponibili.

Le soft: coraggio e capacità di rischiare, visione sistemica, pazienza infinita, originalità, forza di sopportare pesi e frustrazioni, ottimismo, amore per la propria esistenza e gioia per quella degli altri.

Quali sono le tue competenze di narratore che hai applicato all’essere Manager Culturale?

Immagino tutto come un’unica gigantesca narrazione dove ci sono moltissimi protagonisti, azioni, luoghi. Tutto sta dentro una grande regia perché ognuno porta il proprio contributo. Cultura è tutto: è la dimensione del marciapiede che ci permette di percorrere una strada in sicurezza. Ma quella strada io posso riempirla di narrazione relativa ai palazzi al cui fianco stai camminando, raccontare chi ci vive o ha vissuto o spiegare perché si chiama “via abbi pazienza”. Senza narrazione la realtà percepita non esiste.

Se dovessi consigliare un giovane professionista che si affaccia oggi al mondo del lavoro, quali potrebbero essere i 5 step (personali, formativi e professionali) per ricoprire questo ruolo? 

  1. domandarsi : “chi sono io? cosa mi fa stare bene? che devo fare per essere felice?”. Visto che stiamo entrando nell’età della singularity e sempre meno il nostro futuro è prevedibile, soprattutto a livello professionale, forse vale la pena di investire sull’unico asset di cui non ci sbarazzeremo mai: noi stessi.  

  2. capire quale strada devo fare per abbinare il sogno alla quotidianità. E disegnare il percorso per farlo. Senza farsi spaventare dai sacrifici perché sono un modo per verificare che ne vale davvero la pena.  

  3. creare connessioni e sinergie, perché da soli non si va da nessuna parte ma soprattutto perché si impara molto più velocemente.  

  4. scegliere una formazione funzionale a noi stessi avendo il coraggio di rischiare.  

  5. non avere paura di ricominciare tutto questo da capo, fin dal primo step, a qualsiasi età. 

Autore: Valentina Toscano


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