20 aprile 2023

Come l'orientamento può aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi formativi e professionali

Nel futuro sarà sempre meno importante aver seguito un percorso di carriera lineare. Ciò che conterà, sarà la capacità di risolvere problemi specifici e contemporaneamente trasversali, in diversi ambiti.

L'orientamento consiste nell'antica arte di immaginare dove si sta andando quando in realtà non conosciamo la nostra destinazione. Orientarsi nella vita significa che non esiste un'unica destinazione e non si può impostare il proprio obiettivo sul navigatore e ottenerne il percorso più conveniente per raggiungerlo.

Ne abbiamo parlato con Giulio Beronia, Generational Workforce Strategist | Employee Inclusion & Branding Designer | People & Culture Audio Producer - That's Y.


La differenza tra Orientamento e Adattamento

Più che l’orientamento, il disorientamento può aiutarci a raggiungere soddisfazione nel raggiungimento di obiettivi formativi e professionali. 

Alcuni studi (Rose, Ogas, 2007) hanno cercato di capire quante persone fossero soddisfatte della propria vita seguendo un percorso lavorativo tortuoso e non lineare, e mettendo insieme le caratteristiche di questi percorsi a zig zag nel saggio “Dark Horse” emerge quanto gli intervistati fossero convinti di essere un'eccezione: 9 persone su 10 si sentivano a disagio nel descrivere i loro stravaganti vagabondaggi, ritenendosi “sbagliate” rispetto alla modalità prevalente della cultura dominante, ovvero scoprire la propria vocazione il prima possibile per seguirla fino in fondo con costanza. I due ricercatori hanno individuato che la condotta frequente e inconsapevole di coloro che avevano successo con una carriera non lineare era la pianificazione a breve termine. 

Nel mondo del lavoro, troppo spesso si è confuso l’orientamento (e si continua tuttora a confondere) con l’adattamento. Quest’ultimo è, in realtà, una strategia di sopravvivenza degli esseri viventi che viene espressa negli ambiti naturali, mentre l’orientamento dovrebbe riguardare il processo che il soggetto che lo desidera deve svolgere per diventare consapevole della propria posizione rispetto a un punto e a un contesto. In poche parole, l‘adattamento è biologico, l’orientamento è culturale. 

Mai come in questo periodo storico le persone, e soprattutto i più giovani, hanno bisogno di orientarsi per conferire senso alla propria esistenza in un mondo complesso e caratterizzato dalla permacrisi, privo di confini ma contemporaneamente condensato di stimoli e anche opportunità. 

Per le nuove generazioni, i tempi in cui si poteva identificare l’esistenza col proprio lavoro sono finiti. Le carriere sfuggono alle classificazioni classiche che la generazione precedente sovrapponeva alla vita personale per trenta o quaranta anni e sempre di più siamo tutti slasheur: ovvero svolgiamo mestieri e attività diversi e non sempre riusciamo a descriverci con una professione sola; se guardiamo bene, troveremo molti slashworkers su Linkedin: le persone che elencano le loro attività separati da uno slash

Come descrive bene Giulio Xhaet nel suo ultimo saggio, “Da Grande”:

il pensiero comune spinge a credere che sapere sin da giovani cosa fare da grandi sia una benedizione […] Ma questa consapevolezza può tramutarsi maledizione. Per evitarlo, è fondamentale che la vocazione sia davvero nostra, e non frutto di un'auto convincimento che sgorga da due fonti nefaste […], ovvero seguire le orme di qualcuno che ha preconfezionato le nostre intenzioni, seppure con i migliori propositi (genitori, familiari), oppure seguire la via apparentemente più rigorosa, ma in realtà solo più prudente. Quella più sicura, che sembra più adatta. Senza sperimentare alternative, dicendosi che non c'è bisogno e comunque non ci sarebbe il tempo, quando in verità sono solo scuse che accampiamo per nascondere il terrore che proviamo all'idea di essere liberi di sbagliare, perderci e ricominciare. Siamo vittime di quello che gli psicologi chiamano preclusione dell'identità: rimaniamo intrappolati in un circolo vizioso di sicurezza autoindotta, di orgoglio nel sentirci coerenti e perseveranti, circondandosi di persone che convalidano le nostre convinzioni, a volte condividendo la stessa preclusione. 

Potremmo credere di sapere in cosa siamo bravi perché abbiamo studiato una certa materia o perché abbiamo lavorato in un certo settore per alcuni anni. Ma oggi il mito del posto fisso non ha più senso. Nel futuro del mondo del lavoro sarà quindi sempre meno importante aver seguito un percorso di carriera lineare, ma ciò che conterà, sarà la capacità di risolvere problemi specifici e contemporaneamente trasversali a più ambiti.

La domanda da fare quando ci presentiamo a qualcuno potrebbe diventare non più “cosa fai nella vita?” ma “in cosa sei bravo”? 

Abbiamo compreso allora che non può esserci orientamento senza disorientamento, senza mettere in dubbio ogni giorno se la nostra identità è davvero allineata con il nostro percorso, che, come nella metafora “velica” di Seneca, non trova vento favorevole se non sappiamo dove dirigerci, ma che inevitabilmente deve seguire un percorso sinuoso e non diretto alla meta. 

La formazione come antidoto all'incertezza

Ma qual è l’antidoto all’incertezza e ai timori del disorientamento?

L’apprendimento, la conoscenza e l’informazione affidabile sono la soluzione che ineluttabilmente possono guidarci nell’acquisizione di competenze “a pettine” rispetto alla nostra specializzazione e che ci rendono maggiormente spendibili nel mondo del lavoro odierno, così come la ricerca di informazioni e conoscenze che ci aiutano a sopperire alle richieste che l’emozione della paura di non farcela o di sbagliare ci segnala ogni volta che siamo a un bivio o a un trivio nel nostro percorso di crescita personale e professionale. 

Mettere in discussione il nostro percorso, significa anche modificare in corsa il nostro tragitto, attingendo anche alle possibilità di formazione che possono ri-orientare il nostro viaggio di carriera. 

Quello che possiamo fare quotidianamente, come è ben descritto in “Design Your Life” è prestare attenzione agli indizi che ci si pongono di fronte, e fare del nostro meglio per proseguire con gli strumenti che abbiamo. È fondamentale cogliere sé stessi nel proprio atto di vivere un momento gratificante quando impariamo quali sono le attività che prevedibilmente ci coinvolgeranno, stiamo scoprendo e articolando qualcosa che ci potrà veramente essere utile nel nostro lavoro. Gli studiosi parlano di “flow” come un coinvolgimento potenziato: è lo stato dell'esistenza in cui il tempo si ferma, siamo completamente coinvolti in un'attività e le sfide che questa ci pone si adattano perfettamente alle nostre abilità, così non siamo né annoiati perché è troppo facile, né ansiosi perché è troppo difficile. L'energia è il secondo indizio a cui guardare per orientarci dopo il coinvolgimento. Gli esseri umani come tutti i viventi hanno bisogno di energia per vivere e prosperare. 

E il lavoro e lo studio possono regalarci energia e motivazione se ascoltiamo i nostri dubbi e correggiamo continuamente il timone della nostra esistenza personale e professionale. 


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