09 ottobre 2024
General Manager: cosa fa, stipendio, responsabilità e competenze
Il ruolo del General Manager (GM) è cruciale all'interno di un'organizzazione. ...
Il grande paradigma dell'accesso al mondo del lavoro è cambiato, passando da un concetto puramente statistico, legato ai parametri di occupazione-disoccupazione, ad un tema molto più complesso, magmatico e in divenire quale è l'occupabilità (employability), ovvero la capacità di progettare e riprogettare costantemente se stessi per rimanere appetibili ad un mercato del lavoro che cambia velocemente.
La rapidità dei cambiamenti, del resto, è stato il leit motive degli ultimi anni: non è un caso che un gruppo di ricerca dell’Institute for the Future (IFTF), già nel 2017, scrisse che «Entro il 2030, i giovani di oggi faranno un lavoro che per il momento ancora non esiste, poiché l’85% dei posti di lavoro che esisteranno nel 2030 non è stato ancora inventato».
Ce ne parla Vito Verrastro, giornalista e orientatore, collabora con 24ORE Business School come moderatore degli Open Day Full Time.
Nel 2017 il mondo era già abbondantemente VUCA (dall'acronimo inglese delle parole Volatile, Incerto, Complesso e Ambiguo) ma non era ancora stato sconvolto dalla pandemia, che ci avrebbe esposti all'imprevisto, all’isolamento, all'incertezza e alla fragilità, proiettandoci in una bolla di sospensione da cui sarebbe nato un nuovo mondo che oggi vede al centro della sua mappa complessità, incertezza e ibridazione di tempi, spazi, ruoli, competenze.
Tutto ciò ci spinge a riflettere inevitabilmente sul tema dell'orientamento, della formazione continua e di una nuova consapevolezza, legata ad un doppio sguardo da lanciare in profondità: da un lato sul mercato del lavoro, così nebuloso e cangiante, e dall’altro su di noi, per conoscere meglio i punti di forza e le aree di debolezza, i valori, i bisogni, lo scopo personale, allenandosi ad ”imparare ad imparare”, perché la capacità di acquisire nuove conoscenze sarà più preziosa della conoscenza stessa. Un nuovo approccio teso alla capacità di non stancarsi mai di apprendere, perché – a differenza del passato – studio e formazione ci accompagneranno lungo l’intero arco della vita attiva e anche oltre.
Queste premesse sono la base per sostenere che occorrerebbe ragionare sulla ricerca di opportunità e non, semplicemente, di un’occupazione di “posti” di lavoro, perché già a fine anni ‘90 Peter Hawkins, co-fondatore dell'Unità di laurea in occupazione dell'Università di Liverpool, scriveva che:
avere un impiego vuol dire essere a rischio, essere employable vuol dire essere al sicuro
L’occupabilità mette in gioco tutto il bagaglio di conoscenze, abilità e competenze possedute e fa leva su asset fondamentali (tutti immateriali e allenabili) quali la curiosità e l’apprendimento continuo, il pensiero creativo, il pensiero analitico, la resilienza, la flessibilità, l’agilità, la motivazione e la consapevolezza del sé – tanto per citare alcune delle prime competenze top indicate dal World Economic Forum in “Future of jobs” 2016-2018-2020 e 2023.
Molto di ciò che oggi possiamo e dobbiamo fare, dunque, sta nel grande cassetto di quelle competenze trasversali che sono “soft” solo per definizione, ma si traducono in veri superpoteri da affiancare alle competenze tecniche (hard skills), soprattutto digitali, che dobbiamo comunque padroneggiare se vogliamo alzare l’asticella della nostra “appetibilità” lavorativa, professionale e umana.
Cosa aspettarci, se sposiamo questo approccio? Enormi opportunità senza confini. Un solo esempio, su tutti: il lavoro da remoto ha consentito l'allentamento dei legami tra lavoro e geografia, aprendo la possibilità di eliminare il disallineamento dei talenti globali che esiste oggi. Grandi aziende possono "pescare" ovunque le risorse umane da portare all'interno delle organizzazioni, a condizione che queste - cioè noi - si dotino delle competenze adeguate, si facciano notare e padroneggino un mindset "emotivamente intelligente" in grado di leggere il cambiamento in atto e di abbracciarlo, invece di respingerlo o accettarlo passivamente.
Questa modalità, che si avvicina più al concetto di “attrazione” rispetto alla “ricerca” classica del lavoro, per come l’abbiamo sempre conosciuta, è di fatto un cambiamento radicale, che ci carica di nuove responsabilità e ci espone a nuove ansie, a nuove paure, e che spesso è difficile affrontare da soli: da qui la necessità di affidarsi (o affiancarsi) ad esperti in grado di leggere il cambiamento e guidare verso un mondo che non appare ancora del tutto nitido - a causa della velocità dei mutamenti - ma che di sicuro non funziona più come in passato. Se vogliamo dunque sederci al "tavolo da gioco" del nuovo mercato del lavoro dobbiamo conoscerne le regole, superando le paure ed uscendo dall'area della nostra zona di comfort, per esporci ad una realtà che è sicuramente complessa ma in realtà ci offre anche tantissime opportunità, moltiplicate rispetto al passato.
Fare tutto ciò da soli, ripetiamo, è impegnativo, se non improbo.
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